Comunità terapeutica di Vallecchio

La Comunità Terapeutica ha iniziato la propria attività negli ultimi mesi del 1984 con un’intensa collaborazione con il Ser.T. di Rimini.

Da sempre orientata alla qualità e alla breve durata del programma terapeutico, con forte impronta psicologica e in un arco temporale che non ha mai superato l’anno e mezzo di percorso. Negli anni vi è stata un’evoluzione della struttura con l’introduzione di diverse innovazioni tra cui, per citare solo le principali, il trattamento per coppie, i programmi speciali per i cocainomani e, l’intervento psicologico sempre più mirato e specialistico ha permesso di ridurre i tempi di permanenza in struttura. Attualmente, secondo il tipo di problematica da trattare, i tempi variano da un minimo di tre mesi ad un massimo di dodici mesi circa.

Il percorso terapeutico

Il percorso terapeutico nella nostra comunità terapeutica è caratterizzato dalla revisione ogni 4 settimane del “contratto terapeutico”. Ciò serve a verificare costantemente il progetto terapeutico che la persona ha concordato con l’équipe e al tempo stesso dà un senso di progressione al programma.

La terapia, in tal modo, è impostata in modo personalizzato e la durata del percorso varia in base all’andamento terapeutico e in base agli accordi sui tempi prestabiliti con il servizio d’invio e con l’utente stesso.

Invio

Per l’accesso al programma terapeutico ciò che viene richiesto è la motivazione, perché quest’ultima permette sia una prima lettura delle esigenze di intervento, sia di definire gli obiettivi terapeutici.

L’impostazione della terapia e le teorie di riferimento principali

Crediamo che sia fondamentale pensare, al di là delle tipologie patologiche dell’utente, alla capacità di contenimento dell’ansia, solitamente molto bassa. La comunità terapeutica attua una sorta di presa in carico totale e la caratteristica a tempo pieno contribuisce ad alleviare le ansie, intervenendo sul bisogno di protezione e controllo, rifiutando comportamenti vittimistici o di delega e puntando immediatamente sul concetto di responsabilità.

Il setting terapeutico in comunità terapeutica ha caratteristiche particolari:

  1. Il tempo terapeutico è tanto dilatato da coprire l’intera giornata, permettendo al terapeuta di adattare il suo intervento all’instabilità del comportamento dell’utente.
  2. Il rapporto può essere individuo-gruppo e individuo-terapeuta.
  3. Lo spazio terapeutico è spazio di vita, eliminando le interferenze dall’esterno.

Con gli utenti vengono fatti, prima dell’ingresso, alcuni colloqui con un operatore della comunità terapeutica Lo scopo di queste sedute è quello di valutare la domanda e le motivazioni per l’eventuale ingresso in comunità terapeutica, affinché l’utente non venga coartato ad entrare in comunità terapeutica, ma divenga egli stesso committente, il più possibile attivo, del processo terapeutico.

La Comunità Terapeutica di Vallecchio appartiene alle comunità di tipo terapeutico-riabilitativo, essendo una struttura transitoria con funzioni specificatamente terapeutiche. E’ una comunità terapeutica in cui vigono delle regole, tra cui la proibizione dell’uso di sostanze stupefacenti e di atti violenti, ma è necessario pensare che il controllo e il coartare sono strategie temporanee, un mezzo e non un obiettivo. Compito degli operatori è stimolare e sviluppare la presa di coscienza dell’individuo rispetto alle cause della propria situazione e non fornire un modello.

Attraverso un lavoro profondo sui meccanismi alla base della sintomatologia presentata, l’utente potrà liberamente scegliere il proprio destino e sarà un soggetto produttore di desideri e non più un soggetto schiavo del proprio mondo interno.

Seguendo le teorie di Pichon-Riviere e della scuola operativa, la situazione centrale da tenere in considerazione sarà l’atteggiamento di fronte al cambiamento che si modifica in termini di incrementi e abbassamenti delle ansie di base che partono dallo stereotipo.

In questo senso si inserisce il transfert, cioè un processo di assegnazione di ruoli inscritti nel mondo interno di ogni soggetto. Deve essere inteso come la manifestazione di sentimenti inconsci, che puntano alla ripetizione stereotipata di situazioni, in altre parole l’attribuzione e l’assunzione di ruoli stereotipati che è tipico dell’adattamento passivo.

Per Pichon-Riviere la negazione del tempo e dello spazio che si ha nel transfert è una tecnica difensiva di fronte al cambiamento. Interpretare significa illuminare gli aspetti transferenziali del contenuto attraverso il confronto dei due tempi: l’arcaico delle fantasie ed il qui ed ora della relazione. Questo confronto temporale e la comprensione del “come se” transferenziale, accompagnati dalle segnalazioni delle ansie operantii, permettono, a partire dall’insight, la modificazione della coazione e l’emergere della creatività, dell’apprendimento e della lettura operativa della realtà.

La casistica è rappresentata principalmente da situazioni di dipendenza patologica e da situazioni in cui alla dipendenza patologica è associata una sintomatologia di tipo psichiatrico.

Il primo periodo del percorso

All’ingresso in comunità terapeutica viene consegnato il contratto. L’utente e lo staff avranno 15 giorni a disposizione per firmarlo nei quali verrà valutata la possibilità reale di proseguire o meno.

Il contratto definisce il setting, cioè l’insieme delle condizioni (regole, orari, sedute e loro durate, ecc.) in cui si articola il lavoro terapeutico. Il contratto terapeutico rappresenta la “legge”, che garantisce all’utente la sua libertà, sottraendolo all’arbitrio del “voglio tutto e subito” (legge assente, padre assente o incapace di incarnare la legge).

In questa fase si tiene conto dell’ambientamento, delle motivazioni e delle capacità relazionali, attraverso l’inserimento nel gruppo. E’ un periodo in cui viene favorito il processo di regressione, vengono approfondite le motivazioni alla terapia attraverso i colloqui e le sedute di gruppo. Siamo in presenza di una attualizzazione delle problematiche, di cui si favorisce una prima elaborazione. Vengono affrontate le difficoltà relazionali e il rispetto delle regole.

Dal secondo mese in poi cominciano sia le sedute familiari, sia le uscite di gruppo (cinema, mare, passeggiate, ecc.). E’, infatti, una comunità terapeutica aperta e viene incoraggiato lo scambio e l’acquisizione di strumenti culturali.

Il lavoro è uno degli elementi che comprovano la maturità e la capacità di adattamento personale ai processi di socializzazione attraverso la responsabilità.

Questo avviene attraverso due modalità:

  1. L’utente assume decisioni che prenderà anche fuori, quindi combatte sensazioni di impotenza, passività e incapacità utilizzando le funzioni intatte dell’IO, in quanto ognuno parte da ciò che ha e da lì comincia a costruire.
  2. Acquisisce la capacità di far sottostare i desideri al principio di realtà.

Vengono svolte diverse attività lavorative (canile, scuderia, manutenzione della casa e del giardino, coltivazione di ortaggi, ecc.), oltre alle mansioni relative alla gestione delle case, della cucina e della lavanderia. Le mansioni vengono affidate settimanalmente dagli operatori in base alle capacità dimostrate e permettono una turnazione tra gli utenti.

I periodi successivi

Continuano le sedute familiari, i colloqui e i vari gruppi terapeutici. Questi momenti permettono un approfondimento delle problematiche personali e relazionali, favorendo una elaborazione dei meccanismi mentali della dipendenza e la reimpostazione di un contesto socio-familiare meno patogeno.

Le uscite a casa iniziano con la durata di un giorno, subordinate alla verifica della giornata (al momento del rientro) con i “garanti delle regole”, solitamente i familiari. Si può anche pensare che in questo modo venga ridato potere e capacità alla famiglia. Successivamente le uscite diventano gradualmente autogestite ed aumentano di durata (anche di diversi giorni).

Naturalmente è possibile che vi sia riproposizione di dinamiche non ancora elaborate (uso di sostanze, rapporti sociali frantumati, famiglia inadeguata, ecc.): la verifica con la realtà esterna ne permette una presa di coscienza, rendendone possibile l’elaborazione.

Negli ultimi mesi viene elaborato un progetto di vita, cioè lavoro, amicizie, rapporti in famiglia, relazioni psico-sessuali, ecc., in cui viene verificata l’effettiva responsabilità ed autonomia. Le uscite diventano sempre più ampie in senso temporale.

Ciò che viene effettivamente affrontato è l’elaborazione della separazione che comporta una certa quantità di ansia depressiva. Sono frequenti “atti” che servono a negare la depressione. Elaborando la separazione dalla comunità terapeutica sarà possibile, attraverso questo apprendimento, separarsi psicologicamente dalla famiglia. In questa fase è importante rinsaldare i contatti con i Ser.T. di appartenenza, in modo da poter affrontare assieme il periodo di reinserimento.

Al termine di questa fase avviene la dimissione ufficiale dalla comunità terapeutica

Dimissioni

Nel decidere la dimissione si terrà in considerazione:

  1. L’assenza di una richiesta di continuare il programma.
  2. La modificazione dello stile di vita e delle capacità di adattamento alle varie situazioni sociali in termini progettuali e di adattamento attivo alla realtà.
  3. Il modo di reagire e affrontare le problematiche a cui il soggetto deve far fronte.
  4. La modificazione delle dinamiche relazionali familiari. Il soggetto non è più il contenitore delle ansie gruppali (in caso di immodificabilità, si costituisce un progetto di separazione e d’indipendenza dalla famiglia).

Intendiamo il cambiamento quando si ha “l’apertura del pensiero”, cioè quando l’individuo è in grado di poter cambiare il proprio ruolo, variare le proprie aspettative, adottare nuovi comportamenti, diversi da quelli del proprio gruppo primario familiare lungamente e coattivamente espressi. Questa definizione di Armando Bauleo è in linea con la scuola di Palo Alto (Watzlawick e altri) che pensano al vero cambiamento, o cambiamento 2, quando cambia il sistema stesso, in quanto si modificano le regole compositive che regolano la sua struttura o ordine interno.

Il cambiamento può essere visto come un processo di apprendimento il cui risultato dovrebbe essere descrivibile nei termini di un individuo che apprende ad apprendere.

Le sedute familiari

Secondo l’ipotesi operativa in una famiglia un malato è, fondamentalmente, il portavoce delle ansie del gruppo ed è quindi il depositario dei conflitti e delle tensioni. Quando vi è un sovraccarico di ansia il soggetto si ammala: si passa dalla quantità alla qualità.

A questo punto si assiste alla segregazione del depositario a causa della pericolosità dei contenuti depositati. I contenuti angosciosi, dovuti a situazioni conflittuali non risolte, vengono sentiti dal gruppo familiare come non propri, ma del soggetto ammalato: questi sarà l’emergente della situazione familiare.

Modalità: le sedute hanno cadenza mediamente mensile e durata di un’ora. Il compito terapeutico consisterà nel rompere lo stereotipo: la delega da parte del gruppo e l’assunzione da parte del paziente.

Ci deve essere ridistribuzione dell’ansia gruppale. Si ha un duplice scopo:

  1. Eliminare conflitti e apprensioni patogeni.
  2. Appoggiare le forze che invece possono favorire uno stato di salute.

Solitamente si lavora da subito sugli eventuali sensi di colpa presenti, ponendo differenza tra ciò che è colpa e ciò che è il coinvolgimento e l’implicazione. Decisivo risulta essere l’eliminazione dei tabù dominati dalle angosce, che si oppongono alla libera comunicazione e alla compartecipazione dei problemi e dei conflitti. Ciò non significa ipotizzare il raggiungimento della “pace ed armonia familiari”, anzi…

Ricordiamo, infatti, che i nodi strutturali più frequenti riguardano lo svincolo dalla famiglia, i conflitti nella coppia genitoriale e lutti non elaborati.

Nodi che, se non esplicitati, continueranno ancor di più penosamente ad agire.

Gruppi terapeutici

Ogni utente partecipa ai gruppi terapeutici. Ciascun gruppo prevede la presenza di due psicoterapeuti, con funzioni di coordinatore e osservatore.

La tecnica utilizzata è quella operativa e il fine è far sì che ogni utente acquisti insight o capacità di autoconoscenza: ciò significa affrontare i problemi esistenziali e raggiungere un adattamento attivo alla realtà con uno stile di vita proprio e una propria ideologia.

Non si tratta, infatti, di una terapia adattativa che impartisce istruzioni, ma di uno sviluppo delle capacità di pensare attraverso l’apprendimento dall’esperienza, mediante l’analisi del materiale del gruppo: fare le differenze e non le identità, ossia imparare a pensare.

La durata dei gruppi è di novanta minuti, con lettura degli emergenti a venti minuti dalla fine: gli emergenti sono gli aspetti portati dal singolo, il portavoce, che riguardano l’intero gruppo. Detti emergenti verranno esplicitati dall’operatore.

I Colloqui

Ciascun utente usufruisce della possibilità di fare colloqui con uno psicoterapeuta per affrontare quelle problematiche che per svariati motivi non può o non riesce ad affrontare in gruppo.

I colloqui sono particolarmente utili nei casi che presentano anche problematiche psichiatriche difficilmente affrontabili in gruppo; in tal caso sono più a carattere di sostegno e di chiarificazione della reale consistenza dei problemi.

Nelle situazioni dove le risorse psicologiche dell’utente lo permettono l’impostazione del colloquio può essere anche a carattere analitico e interpretativo.

Gli operatori

Compito preminente degli operatori risulta essere quello di suscitare la libera espressione dei vissuti e favorire la riflessione sulle cause che hanno portato alla sintomatologia presente.

Non si tratta di fornire un modello di vita; ognuno deve trovare la propria strada, i propri obiettivi: i progetti non possono che essere individuali, sia pure all’interno di un contesto sociale.

È ovvio che saranno presenti ed in parte favoriti i processi di regressione, identificazione oppure semplice aderenza ad un modello comportamentale; ma attraverso l’elaborazione del transfert sarà possibile rompere il pregiudizio e la stereotipia mentale e comportamentale.

Naturalmente tutto ciò in modo compatibile con le possibilità e/o capacità individuali.
Pur ritenendo che all’interno della comunità terapeutica le attività sono tutte tese al fine della massima efficacia terapeutica, è stata attuata una divisione dei compiti all’interno dello staff degli operatori. In particolare, ci sono operatori – gli psicologi – che seguono più specificatamente le sedute terapeutiche (gruppi terapeutici, colloqui individuali e familiari), ed operatori – gli educatori – che seguono gli aspetti pedagogico-educativi (attività lavorative e loro verifica, questioni legali e mediche, imput per il tempo libero, etc.).

Programmi speciali

All’interno del percorso comunitario sono previste anche una terapia specifica per i cocainomani e la possibilità di ingresso nella struttura in coppia. Per i dettagli si rimanda alle specifiche voci in elenco tra le attività terapeutiche descritte.

Programmi personalizzati post-comunità

E’ prevista, per alcuni utenti che ne hanno necessità (problemi familiari notevoli, famiglia inesistente, o altro), la possibilità di usufruire del programma di Reinserimento Residenziale e del Centro Diurno di Rimini. Tutto ciò solo per i casi programmati e per il periodo posteriore alla dimissione dalla comunità; naturalmente la frequentazione di tali strutture è prevista da alcuni mesi prima della dimissione dalla comunità terapeutica per permettere un inserimento graduale.

Lo scopo è quello di far reinserire sul territorio le persone in modo naturale, fornendo da una parte l’appoggio logistico e terapeutico (i gruppi terapeutici del Centro Diurno e gli eventuali colloqui concordati) e dando dall’altra la possibilità di cercare un lavoro mentre si è inseriti in una delle attività della Cooperativa Sociale Cento Fiori.

Per ovvi motivi di programmazione questa possibilità può essere prevista solo per coloro che lo chiedono all’inizio del programma o nelle prime fasi dello stesso.

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