«L’équipe marginalità a Rimini: ripensare i modelli di cura a partire dal “basso”»: sulla rivista Sestante 12 un articolo cofirmato dalla collega Cento Fiori Nicoletta Russo
12 Maggio 2023Dipendenti, volontari, San Patrignano e il centro vacanze Andrea Bianchi: la Cento Fiori ringrazia quanti hanno protetto i cani dei canili di Rimini e di Vallecchio
17 Maggio 2023Pubblicato sulla rivista della Regione Emilia – Romagna e dell’Ausl della Romagna, il saggio a cura di Elisa Martino, Sara Montuori e Nicoletta Russo, descrive tre esperienze di conduzione in incontri di gruppo svolti a Lugo e Rimini: “Percorsi di prevenzione alle dipendenze da sostanze stupefacenti e comportamentali per richiedenti protezione internazionale”
Sestante, rivista scientifica regionale sui temi delle dipendenze patologiche, della salute mentale e salute nelle carceri della Regione Emilia Romagna e dell’AUSL della Romagna.
Abstract
L’articolo descrive tre esperienze di conduzione avvenute in incontri di gruppo destinati a richiedenti protezione internazionale, svolti sul territorio romagnolo, nello speci?co nell’area di Lugo e Rimini.
Tali incontri erano ?nalizzati a fornire informazioni sulla dipendenza da alcol e l’assunzione di sostanze stupefacenti, farmaci e psicofarmaci, fornendo le relative caratteristiche e la conoscenza su rischi e danni connessi all’uso, marcando anche comportamenti a rischio come il gioco d’azzardo e il gaming.
Lo scritto espone i percorsi effettuati e le professionalità coinvolte nella conduzione, le metodologie adottate, le caratteristiche principali delle persone destinatarie degli interventi e i principali esiti degli incontri.
Introduzione
Le persone migranti, con particolare riferimento ai richiedenti protezione internazionale, rappresentano un gruppo ad alto rischio di vulnerabilità rispetto a comportamenti come abuso di alcol e sostanze stupefacenti, gioco d’azzardo patologico e gaming (EMCDDA, 2017).
Tali fragilità sono dovute anche a fattori come l’aver subito ed assistito ad episodi di violenza durante le traiettorie migratorie o nei Paesi di origine, la perdita dei riferimenti relazionali e culturali e fenomeni di discriminazione e diseguaglianza nei Paesi di arrivo, ai quali si aggiunge spesso lo scarso accesso ai servizi sanitari presenti sul territorio (Horyniak et al, 2016).
L’Agenzia Europea dei Diritti Fondamentali ha analizzato il possibile impatto che i fattori che riguardano la migrazione può avere sulla salute mentale: in particolare ha messo in risalto l’utilizzo di sostanze stupefacenti come autocura e la dif?coltà d’accesso ai servizi da parte delle persone straniere. Questo impedimento sarebbe causato anche dalla scarsità di attenzione, procedure e dati, che rilevino i reali bisogni di trattamento delle persone migranti in tutti i Paesi europei (FRA, 2011).
Per quanto riguarda il territorio riminese, il report del Servizio Dipendenze Patologiche (SerDP) del 2019 riporta un incremento degli utenti stranieri in trattamento: dal 6,6% del totale nel 2014 al 10% nel 2018; il 50% di tali utenti presentava problemi legati all’alcol e il 47,4% all’abuso di sostanze psicoattive, prevalentemente oppiacei.
In linea con i dati, gli interventi realizzati sul territorio di Rimini sono nati dalla richiesta fatta al SerDP da parte degli operatori dei progetti CAS1 che avevano osservato da un lato, la scarsa conoscenza rispetto agli effetti e alle conseguenze legate al consumo di sostanze legali (abuso di farmaci assunti con ?nalità analgesica ed antidepressiva) ed illegali; dall’altro, un’insuf?ciente consapevolezza dei percorsi di cura accessibili nei servizi specialistici territoriali. Parallelamente, il SerDP di Rimini è stato attivato dalle richieste del Comune e dalle Associazioni del terzo settore che si occupano dell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (Msna), con l’intento di avviare un lavoro di rete sui temi delle dipendenze patologiche comportamentali. Gli interventi sul territorio di Lugo (RA) sono invece nati dalle ripetute segnalazioni: da un lato, dalla Prefettura, relative agli articoli 75 e 121 (DPR 309/90) per consumo di sostanze stupefacenti e alcoliche, che avrebbero richiesto la proposta di trattamenti individuali; dall’altro, e dai centri di accoglienza territoriali, che riportavano frequenti episodi di abuso di alcol da parte delle persone ospitate. É quindi stata avviata la realizzazione di interventi informativi/educativi di gruppo centrati per lo più su tematiche legate all’abuso di alcol, in quanto il consumo problematico di tale sostanza è stato individuato come prioritario nella popolazione destinataria.
1. Interventi nel territorio di Lugo
Nel 2018 sono stati realizzati 4 incontri educativi ed informativi condotti da una psicologa psicoterapeuta, un coordinatore infermieristico e una psicologa in formazione presso il SerDP di Lugo, coadiuvati da una psicologa della cooperativa ospitante (Martino, Vignoli, Martini, 2020). Tali interventi avevano come ?nalità fornire informazioni sulle caratteristiche, sui rischi e sui danni prodotti dal consumo a basso e ad alto rischio, nonché dalla dipendenza da alcol.
Ulteriore obiettivo inoltre era riuscire a raggiungere una popolazione che acceda ai servizi di cura con maggiori dif?coltà. Il numero totale dei partecipanti ai gruppi è stato di 40 persone, di sesso maschile, dai 19 ai 33 anni, con una
media di 10 partecipanti ad incontro; il tempo medio di permanenza in Italia dei partecipanti era di un anno e sei mesi e le provenienze erano geogra?che distribuite come da gra?co 1.
I gruppi erano diversi?cati rispetto alla padronanza linguistica e alla conoscenza del territorio. Alcuni partecipanti erano inseriti all’interno di percorsi formativi e quasi tutti avevano avuto delle brevi esperienze lavorative prevalentemente in agricoltura.
Rispetto alla metodologia operativa gli incontri sono stati impostati ricorrendo alle seguenti strategie:
- attivazioni pratiche (brain-storming iniziale);
- esercitazione esperienziale con etilometro, spiegandone caratteristiche ed obiettivi;
- simulata attraverso un role-playing sugli effetti del consumo inadeguato di alcol;
- utilizzo di un’APP (AlcolDroid Alcohol Tracker), scaricabile gratuitamente sul sistema operativo Android, per consentire ai partecipanti di comprendere in modo pratico ed accessibile gli effetti dell’abuso alcolico e le modalità per prevenirlo e gestirlo;
- domande ?nalizzate ad aprire ri?essioni condivise, utilizzando un metodo di tipo narrativo;
- contenuti informativi e educativi rispetto alle caratteristiche e ai rischi del consumo di alcol, trasmessi in un linguaggio sempli?cato e tradotti in inglese/francese da uno dei conduttori e, quando disponibili, da mediatori culturali.
Rispetto ai risultati, nel primo incontro il gruppo ha mostrato iniziali resistenze (non manifestate negli incontri successivi), probabilmente dovute non solo alla barriera linguistica, ma anche al fatto che, in fase preparatoria, non era stata fornita una comunicazione chiara sull’effettiva valenza sanitaria e preventiva dell’intervento (effettuato dal servizio sanitario), piuttosto che di controllo (realizzato dalle forze dell’ordine). Tale fraintendimento è emerso in modo chiaro quando è stato proposto l’etilometro e alcuni partecipanti hanno manifestato il timore che fosse una siringa per un prelievo ematico. Tali paure sono state ristrutturate mediante la simulata: la teatralizzazione dei sintomi di abuso alcolico, realizzata da parte di un operatore, mentre un partecipante esercitava il ruolo più neutrale di un passante che subiva la comunicazione inappropriata della persona intossicata, ha immediatamente attivato il gruppo consentendo di esprimere ipotesi e fare domande sull’abuso alcolico.
Particolarmente ef?cace è stata la scelta di far seguire le ri?essioni attraverso l’APP, strumento con il quale i partecipanti si sono sentiti attivamente coinvolti. In?ne, gli operatori delle cooperative hanno regolarmente realizzato follow-up successivi.
A distanza di quasi due mesi, i partecipanti hanno mostrato di ricordare lo schema seguito durante l’intervento e i contenuti principali, con particolare attenzione alle conseguenze del consumo di alcol in termini di salute ?sica ed impatto sulle relazioni interpersonali, nonché a livello sanzionatorio e legale. Riferiscono di aver apprezzato l’uso dell’etilometro, che non conoscevano, e della APP, che li ha aiutati a dare maggior concretezza agli elementi informativi, riconoscendo che quest’ultima potrebbe essere uno strumento da utilizzare anche nella quotidianità per misure l’alcolemia e per evitare conseguenze negative o sanzioni.
2. Interventi nei CAS di Rimini
Ad ottobre 2019 e novembre/dicembre 2022 sono stati organizzati incontri di prevenzione rivolti agli abitanti di due CAS del territorio di Rimini. È stato effettuato un incontro di due ore per ciascun progetto svolto nei centri di accoglienza, alla presenza degli operatori che vi lavorano. Gli interventi sono stati gestiti anche da un’educatrice professionale del SerDP e da una psicologa del progetto Circolando (Cooperativa Sociale Cento Fiori), con competenze speci?che in materia di immigrazione ed etnopsicoterapia. Gli interventi sono stati supportati e tradotti da mediatori culturali di lingua Bangla, Urdu, Inglese, Francese, Arabo e Bambara messi a disposizione dalla cooperativa. Nel 2019 hanno partecipato al progetto 52 persone, tutti uomini dai 19 ai 41 anni, mentre nel 2022 hanno partecipato al progetto 49 persone, tutti uomini dai 20 ai 38 anni. Le provenienze principali sono indicate nel gra?co 2 e gra?co 3.
Gli incontri sono sempre iniziati con un lavoro di brainstorming collettivo sulle parole “droga” e “dipendenza”, volto ad indagare il livello di conoscenza nei partecipanti e a capire stili ed usi di consumo nei Paesi di origine, in modo da poter meglio declinare i contenuti dell’incontro. Sono state quindi presentate slide con video ed immagini al ?ne di supportare ciò che veniva detto. I diversi temi affrontati sono stati adattati alla quotidianità e alle storie delle persone che hanno partecipato all’incontro, in modo tale da rendere ciò che veniva detto più utile e comprensibile e in modo da creare un setting in cui esse non si sentissero giudicate nei loro comportamenti.
Frasi come: “La preoccupazione che deriva dal tanto tempo passato ad aspettare il permesso di soggiorno provoca molto stress e spesso si prova a consumare alcool per smettere di pensare” hanno aiutato a far sì che le operatrici venissero percepite come più vicine al mondo dei partecipanti che, di conseguenza, a loro volta si sono sentiti compresi e autorizzati a fare domande e a chiedere informazioni. Gli incontri strutturati in questo modo avevano infatti diverse ?nalità: aumentare nei destinatari la consapevolezza relativa sia all’assunzione di sostanze stupefacenti, farmaci e psicofarmaci, sia ai comportamenti a rischio come il gioco d’azzardo; fornire una panoramica generale sui diversi servizi presenti sul territorio; dare maggiori informazioni rispetto all’uso di sostanze come autocura e anticipare possibili alternative per lenire i pensieri e le sofferenze sia ?siche che psicologiche; informare su norme e legislazione legate al consumo e alla compravendita di sostanze stupefacenti ed, in particolare, sulle ricadute che questi possono avere sui percorsi di regolarizzazione del permesso di soggiorno.
Durante gli incontri è stato messo a disposizione materiale informativo sempli?cato e multilingue, sia sulle diverse sostanze che sugli aspetti legati al consumo ed alla diffusione delle stesse, oltre che sui servizi socio-sanitari del territorio ai quali le persone si possono rivolgere per ricevere cura, informazioni e prevenzione.
3. Gruppo di lavoro per Minori Stranieri Non Accompagnati
I referenti del progetto SAI (Sistema di accoglienza e integrazione) del Comune di Rimini, in rete con i servizi del territorio, hanno espresso il bisogno di approfondire con l’utenza ospitante tematiche relative alle dipendenze patologiche comportamentali, con focus sui temi del gaming. Nell’estate del 2022 è così nato un tavolo di lavoro, costituito dal personale del Comune di Rimini, quale gestore del progetto SAI, un’educatrice professionale del SerDP ed operatori della cooperativa Papa Giovanni XXIII e Il Millepiedi. Il gruppo ha rappresentato uno spazio di confronto sulle possibili azioni da mettere in atto, a partire dall’osservazione effettuata dagli operatori i quali, condividendo tempi e spazi di vita dei giovani ospiti, hanno notato un notevole
incremento del tempo impiegato nell’attività di gioco online, in particolar modo a seguito del periodo di pandemia da Covid-19. Diversi studi dimostrano come la pandemia da Covid-19 abbia avuto un impatto sia sul fenomeno migratorio in sé che sull’ampli?cazione di rischi quali: incertezza sul futuro, dif?coltà economiche, perdita dei propri cari, isolamento e paura (OIM, 2020); che a loro volta determinano conseguenze negative sulla salute mentale e sui comportamenti patologici (Pompidou Group, 2022). In coerenza con queste osservazioni, è stato avviato con l’équipe prevenzione del SerDP di Rimini un progetto di prevenzione selettiva, con l’obiettivo di aumentare nei Msna la consapevolezza del proprio utilizzo dei videogame ed orientare i ragazzi verso scelte di uso ragionate, offrire loro uno spazio in cui fare domande, ri?ettere ed aumentare la conoscenza dei servizi utili in caso di necessità. Il progetto è stato avviato a febbraio 2023, pensato come un ciclo di due incontri per ciascun gruppo di Msna. Ogni incontro è stato realizzato con la presenza degli operatori di riferimento e di mediatori culturali di lingua Bangla, Arabo e Pashtu, presso la sede della casa ludica A Good Game Space, messa a disposizione dal Comune di Rimini ed usufruita dal SerDP di Rimini per attività di prevenzione e formazione – e realizzato da un’educatrice professionale del SerDP e da una psicologa del progetto Circolando (Cooperativa Sociale Cento Fiori). Gli incontri sono stati strutturati in modo da poter affrontare, inizialmente, gli elementi del gaming tramite attivazioni pratiche (brainstorming) e di ragionamento con l’uso di video e materiali utili a conoscere sia il gruppo, sia il punto di vista di ogni singolo giocatore, il suo coinvolgimento emotivo e l’approfondimento di aspetti educativi utili alla gestione dell’attività all’interno della propria vita. L’inquadramento iniziale del gruppo ha permesso, successivamente, di avviare, nella seconda giornata, un lavoro di ri?essione condiviso con tutti i partecipanti rispetto al tempo e alle regole di uso del dispositivo elettronico, con l’obiettivo di lavorare in favore di una maggiore autonomia di gestione dello stesso. Ad oggi è stato realizzato un ciclo di incontri con un gruppo di 8 partecipanti tra i 16-17 anni provenienti dal Pakistan, Bangladesh, Egitto, Afghanistan. Al gruppo sono stati consegnati dei questionari somministrati in forma animona, nello speci?co, un questionario pre-intervento creato ad hoc dal servizio ?nalizzato a conoscere il livello di interesse e di coinvolgimento nell’attività di gaming da parte del gruppo singolo, uno di gradimento e il questionario ACE2 dal quale non è emersa la presenza di esperienze traumatiche. Come da gra?co 4, la maggior parte degli intervistati riporta di giocare più di 4 ore al giorno, quale indicatore potenzialmente predittivo dello sviluppo di un comportamento problematico per il funzionamento socio-relazionale. Dal questionario è inoltre emerso che il periodo di inizio dell’attività di gaming spesso corrisponde all’arrivo del minore in Italia.
La metodologia adottata, grazie anche ai dati emersi, ha permesso di favorire la costruzione di un pensiero ragionato e condiviso sul gaming ed il suo uso, oltreché di normalizzare, anziché patologizzare, l’attività e la sua presenza nella vita quotidiana.
Conclusioni
Gli interventi di gruppo descritti sono frutto di ragionamenti tra il SerDP, le équipe dei centri CAS e SAI e la Prefettura, al ?ne di raggiungere una maggior popolazione di utenti destinatari, evitare accessi impropri al Servizio Dipendenze Patologiche e stigmatizzare ulteriormente le persone migranti.
Sappiamo che i fattori di rischio e protezione rispetto all’uso di sostanze e ai comportamenti di dipendenza patologica variano a seconda di età, cultura, provenienza, storia di vita e contesto. Lo scopo di ogni intervento di prevenzione è quello di potenziare i fattori di protezione, in modo che possano ef?cacemente contrastare quelli di rischio; partendo da questo presupposto, è indispensabile che le azioni di prevenzione all’uso di sostanze e ai comportamenti patologici che si rivolgono a cittadini stranieri tengano conto non solo della cultura di provenienza ma anche degli elementi che caratterizzano i processi migratori, i centri di accoglienza e le pratiche legali legate allo status di migrante, che in?uenzano le vite e gli stili di comportamento delle persone che attraversano questi percorsi.
Tra le barriere, invece, che impediscono alle persone straniere di accedere ai servizi dedicati alle dipendenze patologiche sono state documentate in letteratura, la mancanza di modelli di trattamento culturalmente orientati e la carenza di conoscenze specialistiche da parte degli operatori sanitari rispetto a caratteristiche e motivazioni delle persone destinatarie (McCleary e al, 2016). Un intervento può essere ef?cace solo se viene diversi?cato rispetto ai peculiari bisogni delle persone, cogliendone la complessità, piuttosto che temendo la loro diversità o provando ad adattare le necessità delle persone straniere ai servizi già presenti per la popolazione locale (Kane e Greene, 2018). Questo signi?ca provare a pensare oltre agli interventi culturalmente orientati: le persone che migrano non sono, infatti, solo rappresentanti delle proprie culture di provenienza ma sono persone in movimento con storie e culture che si modi?cano e si mescolano con i contesti di arrivo (Losi, 2020). Dunque, sebbene sia necessario, non è suf?ciente conoscere i modelli di consumo di una determinata cultura, ma occorre esplorare e comprendere di volta in volta le conoscenze e gli stili di vita di chi si ha davanti e provare il più possibile a declinare gli interventi in modo personalizzato (es. attraverso esercizi di gruppo, discussioni e questionari). Infatti gli interventi maggiormente ef?caci sono quelli basati sui bisogni espressi dalla persone, consapevoli della loro cultura ma anche delle loro storie e traiettorie di vita.
Sulla base dell’esperienza svolta e delle osservazioni riportate, proponiamo alcune suggestioni per programmare interventi futuri:
- diffondere nei centri di accoglienza questionari e materiale informativo relativi all’uso di sostanze, alcol e farmaci, per conoscere la peculiarità dei bisogni del gruppo presente, con l’obiettivo di migliorare gli interventi adattando i contenuti e le modalità sulla base dei risultati emersi, e per aumentare le competenze per la prevenzione e la gestione dei fenomeni di consumo da parte persone migranti;
- formare dei peer educator nelle comunità di riferimento, in modo che possano af?ancare le operatrici negli interventi e informare in autonomia le proprie comunità rispetto ai comportamenti patologici.
In?ne, è fondamentale sottolineare come spesso i comportamenti di abuso e dipendenza patologica delle persone migranti siano correlati, a sofferenze ?siche e psicologiche pre-esistenti la partenza o legati al processo migratorio stesso; le sostanze o i comportamenti a rischio vengono in questi casi utilizzati al ?ne di autocura o per tenere sotto controllo la sintomatologia (Vasic et al, 2021). Per questo, durante gli interventi è raccomandabile fare riferimenti al malessere e informare le persone anche degli altri servizi presenti sul territorio, come il Centro di Salute Mentale, con cui sarà indispensabile fare sempre più rete, anche negli interventi di prevenzione. Le persone migranti sono, infatti, portatrici di bisogni complessi e obbligano per questo a pensare sempre di più a progetti collettivi, articolati e in connessione con altri servizi sia pubblici che privati. Gli interventi dovrebbero ri?ettere la natura stessa delle persone a cui si rivolgono: mai statici, in movimento e aperti al cambiamento.
Co-autori
Elisa Martino, Psicologa-Psicoterapeuta SerDP Lugo/AUSL della Romagna
Sara Montuori, Educatrice Professionale, SerDP RN
Nicoletta Russo, Psicoterapeuta, Cooperativa Sociale Cento Fiori RN
Note
1 I CAS, Centri di Accoglienza Straordinaria, sono rivolti a richiedenti protezione internazionale coordinati dalle Prefetture e gestiti da enti del Terzo Settore.
2 Questionario ACE (Adverse Childhood Experience), si riferisce alle esperienze traumatiche o stressanti che possono interferire con i normali processi di sviluppo.